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DIRITTO ALLA DEINDICIZZZAZIONE: LA CASSAZIONE ACCOGLIE IL RICORSO DI YAHOO

Con la sentenza n. 3952 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Yahoo contro il Garante della Privacy in tema di deindicizzazione. Innanzitutto: che cosa si intendete per deindicizzazione?

Il diritto di deindicizzazione è prettamente legato alla sfera del web e va a tutelare soggetti coinvolti in situazioni giudiziarie note e passate per i quali è garantita la cancellazione dei propri nomi la cui digitazione sul web rimandi a pagine e alle copie cache riferite a tali vicende.

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La vicenda, che vede coinvolti il Garante della Privacy e Yahoo, nasce presso il Tribunale di Milano che in primo grado si espresse a favore del Garante ordinando alla società di rimuovere tutte le Url, e quindi anche le copie cache, poiché lesive dei diritti fondamentali della persona interessata, ma anche della funzione di interesse pubblico, rispetto alla divulgazione di informazioni, che tale società svolge.


La prima sezione civile ribadisce quanto già espresso nel primo grado di giudizio affermando che la deindicizzazione risulta essere rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua ad avere memoria.

In tale senso, la Corte già opera un bilanciamento determinando la cancellazione del contenuto dall’ elenco dei risultati di ricerca, ma SOLO quando sia riferita a quel determinato nominativo.

Su questa linea la Corte di Legittimità ha ritenuto soddisfatto il bilanciamento degli interessi dalla permanenza dell'articolo nell'archivio del quotidiano a condizione però che venisse deindicizzato dai siti generalisti. La cancellazione delle copie cache invece preclude al motore di ricerca di indicizzare i contenuti attraverso parole chiave anche diverse da quella corrispondente al nome dell'interessato. La decisione impugnata è stata allora censurata per aver stabilito una sorta di automatismo tra deindicizzazione e cancellazione del dato (nel caso presente nelle copie cache). Infatti, prosegue la Corte, di fronte ad una richiesta di cancellazione della copia cache "rimane centrale l'esigenza di ponderare gli interessi contrapposti".

Tornando, quindi, alla vicenda specifica "venivano in questione articoli giornalistici e ulteriori contenuti riguardanti la vicenda, era necessario non solo prendere in considerazione i dati personali di […] e verificare l'interesse a conoscere atti di indagine relativi allo stesso, ma, in senso più ampio, l'interesse a continuare ad essere informati sulla vicenda di cronaca nel suo complesso, per come accessibile attraverso l'attività del motore di ricerca". Deve pertanto concludersi – si legge nella decisione che afferma un principio di diritto - nel senso che la cancellazione delle copie cache relative ad una informazione accessibile attraverso il motore di ricerca, in quanto incidente sulla capacità di fornire una risposta all'interrogazione posta dall'utente attraverso una o più parole chiave, non consegue alla constatazione della sussistenza delle condizioni per la deindicizzazione del dato a partire dal nome della persona, ma esige una ponderazione del diritto all'oblio dell'interessato col diritto avente ad oggetto la diffusione e l'acquisizione dell'informazione, relativa al fatto nel suo complesso, attraverso parole chiave anche diverse dal nome della persona".

Alla luce di tutto ciò, la Corte di Cassazione conferma il bilanciamento di interessi per il quale deve essere fatto valere il diritto di deindicizzazione, ma la cancellazione della copia cache non deve essere automatica per poter essere garantita la facoltà di continuare ad essere informati sulle vicende di cronaca.

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